«Hanno un dio che chiamano legalità. Chi è?»
«Un dio, eh? Hai ragione… Dovrebbe essere un metodo, niente di più. Ma hai ragione: loro l’hanno trasformata in un valore in sé, assoluto.»
[…]
«Perché abbiamo bisogno di lui, Adrian. Tutti. Abbiamo bisogno di convivere con il male, fingendo di combatterlo, abbiamo bisogno di accettare un mondo inaccettabile che ci stritola, e abbiamo bisogno di abitarlo sotto anestesia.»
Ho una cartella in cui sono raccolti i miei appunti tratti dalla lettura de I buoni di Luca Rastello, appunti che non hanno mai trovato un ordine e una forma che esprimessero ciò che la lettura di questo libro ha provocato in me. I buoni è un romanzo urticante, non solamente per chi si è sentito chiamato direttamente in causa, per i difensori a oltranza della legalità che si sono sentiti in dovere di scrivere recensioni – o pseudo-recensioni – al vetriolo, ma per ogni lettore che nelle pagine di un libro cerchi l’immedesimazione e, al contempo, la messa in discussione di sé stesso.
Ieri sera ho appreso la triste notizia della morte di Rastello e sono tornato a rileggermi quei miei appunti, le citazioni che trovate in apertura di questo post sono le uniche parti che mi ero annotato che mi sembra abbia senso – oggi – riportare.
Altre a altri, molto più titolati di me, hanno espresso e esprimeranno in questi giorni parole che rendano il peso di questa perdita.