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this machine kills fascists

La base di Mr Mill

Chiuse | Bertolt Brecht e André Breton al Còngres international pour la défense de la culture (1935)

Bertolt Brecht:

Compagni, parliamo dei rapporti di proprietà!

Questo volevo dire a proposito della lotta contro la dilagante barbarie perché venga detto anche qui oppure perché a dirlo sia stato anche io.

 

André Breton:

«Trasformare il mondo», ha detto Marx, «cambiare la vita», ha detto Rimbaud: per noi, queste due parole d’ordine fanno tutt’uno.

 

I due discorsi – di cui ho riportato la chiusa – vennero pronunciati a Parigi nel giugno del 1935 al Congresso internazionale degli scrittori.

Il discorso di André Breton, in nome del movimento surrealista, fu ammesso e venne letto per interposta persona a causa di divergenze tra gli organizzatori del congresso e i surrealisti.

 

John Heartfield - The face of fascism (luglio 1928)
John Heartfield – The face of fascism (luglio 1928)

Un viaggio lungo e strano, senza timore dei fantasmi. | Cent’anni a Nordest di Wu Ming 1

Cent'anni a NordestIl racconto-inchiesta di Wu Ming 1 è presentato, nella dedica ad Antonio Caronia, come atrocity exhibition. Nel secolo che vi è raccontato dal punto d’osservazione di quello che fu prima nominato le Tre Venezie, successivamente Triveneto e che oggi indichiamo come Nordest, cent’anni fa le atrocità furono quelle della guera granda, che con ipocrita grandeur la retorica patriottarda insinuata nel discorso pubblico si ostina a nominare Grande Guerra. Cosa possa esserci di grande in una guerra è difficile da immaginare, l’unica grandezza che possiamo misurare di quegli eventi, che secondo Wu Ming 1 rappresentano l’origine stessa dell’identità di quella porzione di territorio italiano che conosciamo come Nordest, è il numero delle morti causate dall’assurdità della guerra e dal nazionalismo, dalla follia di chi diresse le operazioni belliche spingendo al massacro migliaia di ignari uomini fatti soldati. Così è che di questo viaggio lungo e strano che come lettori ripercorriamo nelle pagine del libro i cimiteri abbondano, ché l’autore non è tra quelli che affrettano il passo attraversando i cimiteri, e preferiscono parlare di teatro piuttosto che d’inferno: la narrazione prende avvio dalla descrizione della performance di Alberto Peruffo intitolata The Burning Cemetery, rappresentazione di un cimitero in fiamme che ricorda i 41 cimiteri che erano disseminati sull’Altopiano dei Sette Comuni, prima linea del confine italo-austriaco durante la Prima guerra mondiale; ci si sposta poi in visita al cimitero di guerra austro-ungarico di Prosek/Prosecco e varie pagine sono dedicate al sacrario di Redipuglia, un immenso ossario che è un esempio concreto di quella che Mark Thompson, nel suo La guerra bianca, chiama «teologia surrogata».

The Burning Cemetery - Alberto Peruffo
The Burning Cemetery – Alberto Peruffo

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Montagne contro la guerra / L’alpinismo non ha patria

A seguire un estratto dall’appello pubblicato su Alpinismo Molotov per una campagna di disinfezione dalla retorica patriottarda che quest’anno in particolare – e fino al 2018 – verrà fatta colare dalle vette delle Alpi giù per le valli e fino al cuore delle città, a un secolo dall’entrata in guerra dell’Italia in quella che è conosciuta come – grandeur e ipocrisia – Grande Guerra.

#Montagnecontrolaguerra sul Monte Coppolo (2.033 m.s.l.m.) il giorno 17 luglio 2015. Sullo sfondo le Pale di San Martino.
#Montagnecontrolaguerra sul Monte Coppolo (2.033 m.s.l.m.) il giorno 17 luglio 2015. Sullo sfondo le Pale di San Martino.

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Appunti persi su I buoni, in ossequio a Luca Rastello.

«Hanno un dio che chiamano legalità. Chi è?»

«Un dio, eh? Hai ragione… Dovrebbe essere un metodo, niente di più. Ma hai ragione: loro l’hanno trasformata in un valore in sé, assoluto.»

[…]

«Perché abbiamo bisogno di lui, Adrian. Tutti. Abbiamo bisogno di convivere con il male, fingendo di combatterlo, abbiamo bisogno di accettare un mondo inaccettabile che ci stritola, e abbiamo bisogno di abitarlo sotto anestesia.»

rastello-i buoniHo una cartella in cui sono raccolti i miei appunti tratti dalla lettura de I buoni di Luca Rastello, appunti che non hanno mai trovato un ordine e una forma che esprimessero ciò che la lettura di questo libro ha provocato in me. I buoni è un romanzo urticante, non solamente per chi si è sentito chiamato direttamente in causa, per i difensori a oltranza della legalità che si sono sentiti in dovere di scrivere recensioni – o pseudo-recensioni – al vetriolo, ma per ogni lettore che nelle pagine di un libro cerchi l’immedesimazione e, al contempo, la messa in discussione di sé stesso.

Ieri sera ho appreso la triste notizia della morte di Rastello e sono tornato a rileggermi quei miei appunti, le citazioni che trovate in apertura di questo post sono le uniche parti che mi ero annotato che mi sembra abbia senso – oggi – riportare.

Altre a altri, molto più titolati di me, hanno espresso e esprimeranno in questi giorni parole che rendano il peso di questa perdita.

Resistere all’esame di Stato

Sono passati anni da quando affrontai l’esame di maturità, ma per contribuire alla stesura di questo articolo ho rispolverato i miei ricordi. In vent’anni il discorso attorno alla Resistenza è stato ricombinato per renderlo assimilabile alla narrazione tossica della “memoria condivisa”, come anche nelle tracce dei temi di maturità è rilevabile.

Buona lettura.

avanguardiedellastoria

Riflessioni su una traccia per il tema di maturità

Di Tommaso Baldo, Franco Berteni, Enrico Manera e molti altri giapsters e collaboratori di Avanguardie della storia cui si devono riflessioni e contributi vari sui temi collegati.

Sfilata della liberazione di Milano: i membri del Comitato di Liberazione Nazionale. Immagine tratta il 28.6.2015 dal sito http://www.insmli.it/parrimilano/pubblicazioni-on-line/25-aprile-liberazione-di-milano-742/  Sfilata della liberazione di Milano: i membri del Comitato di Liberazione Nazionale.
Immagine tratta il 28.6.2015 dal sito http://www.insmli.it/parrimilano/pubblicazioni-on-line/25-aprile-liberazione-di-milano-742/

1995: cinquantesimo della liberazione

La prova scritta di italiano per l’Esame di Stato presentava tre tracce comuni a tutti gli indirizzi. La terza diceva:

«Gli ideali politici che animarono la Resistenza hanno trovato la loro coerente espressione nel dettato della Costituzione, che resta il supremo punto di riferimento del nostro vivere civile. Delinei il candidato il quadro delle vicende italiane nel quinquennio 1943-1948, soffermandosi in particolare sulle caratteristiche del movimento della Resistenza e sul valore fondamentale della Carta Costituzionale»[1].

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Pensieri sparsi sull’incanto nella rappresentazione fisica del mondo. | Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli

Ho acquistato questo leggero libro – materialmente leggero – vedendolo sugli scaffali della libreria. Leggere di scienza e fisica è cosa che faccio di rado, non avendo una formazione scientifica, ma sono letture che quando approccio mi danno sempre gran piacere, soprattutto per gli squarci di meraviglia che aprono nel pensiero. Questo volumetto di divulgazione scientifica scritto da Carlo Rovelli si legge in una serata, richiede la giusta attenzione per seguire la presentazione in sette lezioni delle principali scoperte che hanno riplasmato la fisica a partire dalla fine dell’Ottocento, concludendosi con l’ultima lezione che parla di noi umani e del nostro rapporto col mondo fisico, che è poi anche l’immagine del mondo fisico nel rapporto con noi umani.

Dopo averlo letto sono venuto incidentalmente a conoscenza del successo editoriale di questo Sette brevi lezioni di fisica leggendo una recensione a firma di Marilù Oliva pubblicata su Carmillaonline. Oliva si interroga anche sull’apprezzamento da parte del pubblico dei lettori per questo libro, quando siamo soliti vedere fra i titoli nelle posizioni alte delle classifiche di vendita quelli che potremmo definire romanzi blockbuster, lasciando peraltro la risposta in sospeso.

La lettura del libro prima e quella della recensione poi mi hanno portato ad alcuni pensieri sparsi, libere associazioni senza pretese da non prendere troppo sul serio:

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Lontano da città e fabbriche, cento anni su per montagne in cerca di libertà. | Sentieri proletari di Alberto Di Monte

Cover_SentieriProletariIl lavoro di Alberto Di Monte, confluito nella scrittura di Sentieri proletari. Storia dell’Associazione Proletari Escursionisti (Mursia, 2015), affonda le sue radici nel binomio ricordare/raccontare: combinazione inscindibile e necessaria per narrare un sodalizio i cui echi sono andati affievolendosi nel tempo, fino a renderla oggi poco meno che una storia perduta. Di Monte, per riuscire a saldare questo binomio, ha dovuto preliminarmente faticare non poco alla ricerca di tracce e testimonianze di questa esperienza associativa che, fin dalla sua nascita, si è caratterizzata per l’intransigenza nel perseguire i suoi obiettivi statutari, resi in sintesi nel motto «Sempre più in alto, per una nuova umanità».

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Not with a bang but a whimper. | Come finisce il libro. Contro la falsa democrazia dell’editoria digitale di Alessandro Gazoia (jumpinshark)

Come finisce il libroScrivere un saggio sul mondo editoriale contemporaneo è come provare a fermare l’immagine di un oggetto che si muove nello spazio così velocemente da risultare sempre fuori fuoco, tanto che l’immagine stessa che se ne ricaverebbe possa indurre a pensare che l’oggetto che si credeva di stare osservando è mutato in qualcosa di differente, producendo uno sdoppiamento della sua stessa natura. E così è: se il libro di carta non scomparirà mai perché incorpora e rappresenta un desiderio – e una forma – di conoscenza che si è nei secoli radicato, l’emergere di uno spazio digitale che fa di un libro un ambiente aperto e potenzialmente mai finito apre a possibilità ancora tutte da esplorare. Questo sdoppiamento si caratterizza però anche per una continua retroazione che tende a modificare entrambi i campi.

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Corri Roderick corri! | Roderick Duddle di Michele Mari

Roderick DuddleNon andrebbe mai lasciata lasca la corda che lega le diverse identità che ognuno di noi esperisce dalla nascita alla morte, soprattutto non andrebbe mai lasciata scivolare a terra fino a risultare ai nostri occhi recisa – mentre è solo celata da uno strato di sedimenti esperienziali – la corda che ci lega alla nostra fanciullezza, al nostro sguardo bambino. Mantenere questa corda in tensione è parimenti tenere aperta la domanda su quello che si è perso della capacità di meravigliarsi, di immaginare attraverso il gioco, di come la seriosità ha scalzato la serietà, in poche parole di quel che abbiamo disimparato – o cosa, viceversa, dovremmo dimenticare di quel che abbiamo acquisito crescendo – di quell’età in cui ancora la linea d’ombra non aveva tracciato un solco di demarcazione – profondo, non rimarginabile – fra un prima e un dopo. La storia di Roderick narrata da Michele Mari ci porta a confrontarci con questa domanda, funziona come una puleggia che riporta tensione in quella corda attraverso la narrazione e la capacità della letteratura di costruire mondi. Non solo ci riporta nelle ambientazioni dei romanzi d’avventura che tanto ci coinvolgevano nell’infanzia, ma ci sollecita continuamente – in qualità di lettori – in uno sforzo immaginifico che vada oltre quel che la voce narrante onnisciente ci racconta dalla pagina.

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